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Transmedia storytelling: quando il marketing diventa un universo narrativo

Transmedia storytelling: quando il marketing diventa un universo narrativo

transmedia storytelling

Chi l’ha detto che per raccontare un prodotto bisogna per forza partire dalla sua composizione chimica, dalla grammatura dell’etichetta o da un comunicato stampa scritto con la stessa passione di un foglio illustrativo?

Benvenuti nell’universo del transmedia storytelling: un modo di comunicare che prende una storia, la smonta come un Lego e la ricostruisce su ogni canale con un pezzo diverso. La racconta come una favola a puntate: ogni mezzo aggiunge un capitolo nuovo alla storia. Per essere ancora più precisi: non si tratta di una sola storia raccontata in più modi, bensì di tante storie diverse, che si intrecciano e si arricchiscono a vicenda su media differenti.

Ad esempio, pensiamo a un protagonista che racconta in un blog personale la sua trasformazione: da persona bloccata, insicura o magari semplicemente disorganizzata, a individuo più consapevole e attivo grazie all’incontro con il prodotto.

Che tipo di prodotto?

Potrebbe essere un integratore naturale che aiuta a ritrovare l’energia, una app per riorganizzare le giornate in modo più efficiente, un’agenda smart, una linea di tè detox o anche un dispositivo tecnologico che rende la vita quotidiana più semplice. L’importante è che il prodotto diventi il catalizzatore del cambiamento, l’oggetto magico che innesca la trasformazione. Parallelamente, un fumetto su Instagram ci mostra le disavventure tragicomiche della mascotte del prodotto, mentre un video su YouTube approfondisce – con tono divulgativo – gli effetti scientifici del principio attivo. E magari, su Facebook, troviamo i post ironici di un personaggio fastidioso e ambiguo (una personificazione delle cattive abitudini del protagonista), che lo sfida e lo prende in giro lungo il cammino. Tutti questi pezzi compongono un puzzle narrativo: ogni media aggiunge prospettive, emozioni, personaggi e dettagli, rendendo l’esperienza complessa, immersiva e coerente. Ognuno con il suo stile, la sua voce, e soprattutto il suo pubblico.

Definizione di Transmedia Storytelling

Narrazione transmediale (inglese Transmedia storytelling, transmedia narrative, multiplatform storytelling) come la definisce Henry Jenkins nel suo testo del 2006 “Cultura convergente”, è una forma narrativa che, muovendosi attraverso diversi tipi di media, contribuisce a perfezionare ed integrare l’esperienza dell’utente con nuove e distinte informazioni. Ogni medium, veicolando nuove e distinte informazioni, contribuisce allo sviluppo della storia e alla comprensione del mondo narrato. In questo modo l’utente è chiamato a ricostruire il significato complessivo di un’opera integrando vari media.

https://it.wikipedia.org/wiki/Narrazione_transmediale

Di cosa stiamo parlando?

Fare transmedia non è solo una di quelle espressioni alla moda che si sentono durante le riunioni quando qualcuno vuole sembrare aggiornato (“Ragazzi, pensiamolo in ottica transmediale!”), ma una strategia potentissima: significa raccontare una storia su più canali – blog, social, podcast, minisiti, magari anche fumetti o flashback in stile cinema – senza ripetersi, ma espandendo e approfondendo il racconto come una saga degna di Netflix.

L’universo narrativo: il protagonista sei tu (o quasi)

In questo mondo narrativo, il protagonista non è un supereroe con mantello e addominali scolpiti, ma l’utilizzatore del prodotto. Che parte da un problema (un problema da risolvere, un limite da superare, una routine da cambiare) e si lancia in un viaggio – il celebre “viaggio dell’eroe” – dove incontra ostacoli, mentori e nemici interiori, per poi uscire trasformato. Il prodotto? L’oggetto magico. Quello che lo aiuta a superare la prova.

La storia principale si sviluppa, ad esempio, dicevamo, in un blog scritto in prima persona. È lì che il nostro eroe racconta il suo percorso, i momenti di crisi, le scoperte, le svolte. E, una volta raggiunto un nuovo equilibrio, ci aggiorna sulla sua nuova vita. Magari riceve anche commenti da altri personaggi (realissimi o fittizi, ma verosimili). Il blog è il cuore pulsante della storia.

Le backstory: tutto ciò che accade… intorno

Ma non finisce qui. Perché ogni personaggio, ogni dettaglio, può generare un nuovo racconto. Ed è qui che il nostro universo narrativo si espande e si articola su più piani, coinvolgendo il pubblico da più angolazioni e punti di vista. Ecco qualche idea:

  • La mascotte del prodotto: un aiutante simpatico che diventa protagonista di una mini-serie a vignette su Instagram.
  • Le cattive abitudini del passato: trasformate in un personaggio ambiguo e sopra le righe – una sorta di sabotatore comico – che vive in una serie noir su Facebook e commenta con ironia i piccoli fallimenti e inciampi quotidiani del protagonista, ricordandoci quanto sia difficile cambiare davvero, ma anche quanto sia umano.
  • Un minisito scientifico: con tono più istituzionale, dove il nostro protagonista – ora “esperto” – spiega i benefici del prodotto e i dati tecnici con infografiche, video e pillole divulgative.
  • Una gallery su Instagram o Pinterest: flashback visivi del protagonista prima del cambiamento: scene caotiche, momenti buffi, piccoli drammi quotidiani. Oppure scatti della nuova routine, fatta di piccoli riti e nuove abitudini virtuose. O magari momenti di vita familiare che raccontano il “dopo”.

Esempi da manuale (anzi, da serie cult)

Ti arriva un messaggio sul telefono. Non è il solito spam. È Dexter, sì proprio lui, con tanto di coltellaccio, che ti chiede aiuto per il suo nuovo “progetto”. Sorpresa, sei entrato in una storia. Oppure stai guardando Spider-Man che combatte su un ponte… e per vedere come va a finire devi comprare l’albo a fumetti il giorno dopo e scannerizzare un QR code.

Sono frammenti di storie transmediali, pensate per farti entrare nel racconto, per farti vivere l’esperienza. E funziona.

Come si costruisce un multiverso narrativo?

Con intelligenza, coerenza e una buona dose di creatività. Serve:

  1. Un universo narrativo coerente, dove ogni medium racconta qualcosa di unico, ma complementare.
  2. Rispetto del mezzo: ogni canale ha il suo tono e le sue regole. Non si copia e incolla, si adatta.
  3. Una mappa del racconto: struttura a gradini, a cornice, ad anello… scegli la forma che meglio si presta al tuo racconto.
  4. Archetipi: l’eroe, l’antagonista, il mentore, il messaggero, l’imbroglione. Figure universali che aiutano a creare empatia e coinvolgimento.

Perché farlo?

Perché le storie ben costruite non solo vendono, ma creano mondi in cui le persone vogliono entrare, restare, partecipare. Perché un universo narrativo ben orchestrato permette di segmentare il pubblico, di parlare a target diversi, in modi diversi. E soprattutto perché rende il marketing meno marketing… e più avventura.

In conclusione

Non stiamo parlando solo di promuovere un prodotto. Ma di costruire un’esperienza. Di trasformare un consumatore in spettatore, lettore, fan. E magari anche protagonista.

Certo, finora operazioni del genere le abbiamo viste soprattutto applicate dai grandi brand, con budget importanti e team creativi da capogiro. Ma questo non significa che siano fuori portata per una piccola o media impresa.

Una PMI, con un approccio creativo e strategico, può adottare la logica del transmedia storytelling in modo proporzionato alle proprie risorse. Bastano un buon racconto, coerenza tra i canali, un pizzico di ironia e l’intelligenza di scegliere i media più adatti per coinvolgere il proprio pubblico. Anche con pochi mezzi, si può costruire un piccolo universo narrativo in cui il prodotto diventa parte di una storia più grande.

E allora, siete pronti a scrivere il vostro primo episodio?

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